La casa sull’albero di Bianca Pitzorno

da | Ott 3, 2022 | Gruppi di lettura | 0 commenti

A prima vista poteva sembrare un albero come tutti gli altri.

Stava nel mezzo di un prato leggermente in discesa. Aveva un tronco piuttosto grosso e una chioma folta e voluminosa. Il tronco era ricoperto da una rugosa corteccia marrone e nodose radici affioravano dal terreno. Le foglie erano verdi e folte, ma stavano troppo in alto perché si potesse vedere la loro forma. Ai piedi dell’albero c’erano ciuffi d’erba, margheritine, ciottoli e, dopo la pioggia, qualche fungo dal cappello roso, proprio come nelle illustrazioni dei libri. Sui rami c’erano fiori e frutti, farfalle, api e uccellini… Un albero come tutti gli altri, insomma!

Ma, a guardare bene, si scopriva una porticina nascosta in basso tra le radici nodose. Una porticina abbastanza grande per poterci passare attraverso senza rimanere incastrati. Il tronco infatti era cavo e dentro c’era una scaletta a chiocciola che portava in alto, ai rami pieni di foglie. Non solo, ma sulla parte esterna del tronco alcuni spuntoni di rami tagliati ad altezza crescente formavano ottimi gradini o appigli per chi volesse arrampicarsi senza passare per la porticina segreta.

Naturalmente Aglaia preferiva questa scaletta esterna e ci saliva veloce come uno scoiattolo.

Aglaia aveva otto anni, e abitava sull’albero insieme alla sua amica Bianca, che invece era una persona grande. Era successo che tute e due si erano messe stufate di stare in un appartamento di città. Allora si erano messe d’accordo, avevano cercato un albero adatto e si erano trasferite lassù.

Possiamo considerare La casa sull’albero un “classico” perché è una dichiarazione universale e senza tempo di libertà, pace e amore. Mi ha sempre colpito per la naturalezza con cui parla della scelta di una bambina e di una ragazza che decidono di andare a vivere insieme costruendosi una casa su misura delle loro esigenze, dei loro sogni e delle loro aspettative. Si arrangiano, si aiutano, si confrontano in modo libero e indipendente. Nutrono un profondo rispetto per la natura e l’ambiente, per gli animali e ogni altra forma di vita entri a far parte della loro vita. La relazione tra il cane Amedeo e la cagna San Bernardo Dorotea, che a furia di stare sull’albero va trasformandosi in un cane con le ali è un amore senza confini. L’unione di intenti tra Aglaia, Bianca e il signor Beccaris Brullo contro i taglialegna un manifesto di pace.

Non basta avere in comune una manciata di geni per essere una famiglia, ciò che conta è l’amore, la cura, il rispetto, esserci l’uno per l’altro. Questo fa di una casa una famiglia. Anche su un albero.

Il libro è stato presentato a ottobre nel primo incontro del gruppo di lettura Perle, per lettori e lettrici dagli 8 ai 10 anni. Per sapere di cosa si tratta e come fare per partecipare leggi qui.

Puoi acquistare il libro nello shop e noi te lo spediremo insieme al Quaderno delle citazioni, personalizzato da Burabacio in esclusiva per i gruppi di lettura di Lotta. A fine lettura potrai condividere la tua esperienza di lettura commentando nel Telegram, anche utilizzando il Commentario, un file con domande per la costruzione della discussione cooperativa ispirate al metodo Tell me, di Aidan Chambers, che abbiamo preparato appositamente per raggiungere tutti i lettori e le lettrici che abitano lontano dalla libreria e far sentire loro, con un abbraccio stritolante, quanto siano importanti per noi!

Continua a leggere oppure ascolta la presentazione nel nuovo episodio del podcast.

Come dicevamo, Bianca e Aglaia avevano deciso di costruire la loro casa un albero, avevano scelto due grossi rami e avevano lavorato duramente tutta l’estate con seghe e martelli. Alla fine era venuta fuori una casa bellissima. Le pareti e le tettoie erano di foglie intrecciate, c’era una grande cucina per fare grandi feste con gli amici, una sala da musica con tutti gli strumenti, un atelier per dipingere e perfino una serra, anzi, per essere precisi un laboratorio di botanica.

Ben presto però Bianca e Aglaia scoprirono di non essere le sole abitanti dell’albero. Anche il signor Beccaris Brullo abitava sull’albero e forse ci stava da molto tempo prima, ma questo fatto nessuno poteva affermarlo con sicurezza. La sua casa si trovava più in alto, ad una seconda biforcazione del tronco principale. Era uno strano casotto, alto e stretto come la garitta di una sentinella, tutto chiuso, con una porta minuscola sbarrata da tre catenacci e una finestrina microscopica difesa da un’inferriata. Sullo zerbino, invece del solito Benvenuti, c’era scritto Andatevene. Una canna di fucile sbucava tra le grate della finestra, e accanto al campanello un cartello minaccioso avvertiva “Cane feroce, girate al largo! (Finché siete in tempo)”.

Poiché nessuno era disposto a sloggiare dall’albero, fecero un patto di coabitazione, o per meglio dire, di condominio. Promisero di non darsi fastidio reciprocamente, ma non sempre ci riuscirono. Ogni tanto il signor Beccaris Brullo prendeva a fucilate il tetto della casa di Aglaia, e poi diceva di essersi sbagliato a prendere la mira. Ogni tanto Aglaia gettava la spazzatura sulla piattaforma superiore e poi diceva di essersi sbagliata a calcolare il tiro, o pestava i piedi, o tirava la barba al condomino.

L’incidente delle cicogne avvenne qualche tempo dopo e contribuì a complicare non poco la vita degli abitanti dell’albero.

Una cicogna, non si sa se per dispetto o perché aveva la diarrea e non poteva resistere fino al gabinetto più vicino, aveva lasciato cadere sulle tegole immacolate della casa del signor Beccaris Brullo una bella cacca gialla. Il tetto era stato ripulito alla perfezione e sarebbe stato logico che il signor Beccaris Brullo se ne fosse dimenticato. Invece no. Voleva vendicarsi e stava in agguato con un cannocchiale e col fucile puntato aspettando che qualche cicogna volasse abbastanza bassa per colpirla. Colpì tre cicogne, ma per fortuna nessuna di loro era ferita gravemente. Anzi, alla fine le cicogne confessarono che avevano approfittato dell’occasione perché erano stufe di seguire lo stormo. Ciascuna portava legato al becco un grosso fagotto. Indovinate cosa trasportavano lì dentro? Dei bambini, naturalmente.

Il tentativo di piazzare la merce, ehm, i bambini, da parte delle cicogne come fossero delle affariste ciniche e incallite è esilarante. Così anche come il sotteso che i bambini ormai vengano fatti in casa per cui nessuno quasi crede più a questa storia delle cicogne.

Conclusione: potevano mai Bianca e Aglaia lasciare quattro bambini in mano a degli uccelli così ignoranti e incoscienti? Naturalmente no.

I due gemelli furono chiamati Inalbis e Ildebrando, gli altri due Purif e Gianporfirio. Per occuparsi di loro assunsero Dorotea, una grande cagna San Bernardo a macchie gialle e marrone che abitava in un fienile dietro la collina, innamorata e felicemente corrisposta di Amedeo, il cane del signor Beccaris Brullo che aveva preferito trasferirsi da Bianca e Aglaia, nonostante le rimostranze, vane, della gatta Prunilde.

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