L’ultimo libro della terzina dei libri da leggere insieme ai ragazzi e alle ragazze del gruppi di lettura Coralli (11-13 anni) che abbiamo presentato lo scorso 22 ottobre è Il corvo, un libro dello scrittore russo Evgenij Rudasevskij.

Ogni mese presentiamo tre libri e ne scegliamo uno da leggere insieme. Per scoprire tutti i libri per ragazzi e ragazzi 11-13 anni guarda qui.

La partecipazione è libera e gratuita (se salti un incontro non ti veniamo a cercare, né dovrai pagare una multa salata), anzi, potrai raggiungerci la volta successiva con rinnovato entusiasmo. Si può partecipare sia dal vivo, raggiungendoci direttamente in libreria, oppure a distanza, leggendo la presentazione dei libri proposti negli articoli qui di seguito oppure ascoltandola nel podcast. Puoi acquistare il libro nello shop e noi te lo spediremo insieme al Quaderno delle citazioni, personalizzato da Burabacio in esclusiva per i gruppi di lettura di Lotta.

A fine lettura potrai condividere la tua esperienza di lettura commentando nel Telegram, anche utilizzando il Commentario, un file con domande per la costruzione della discussione cooperativa ispirate al metodo Tell me, di Aidan Chambers, che abbiamo preparato appositamente per raggiungere tutti i lettori e le lettrici che abitano lontano dalla libreria e far sentire loro, con un abbraccio stritolante, quanto siano importanti per noi!

Ecco il video di presentazione dell’autore.

 

 

Continua a leggere oppure ascolta la presentazione del libro nel nuovo episodio del podcast.

 

 

Nella radura in mezzo alla taiga regnava un silenzio invernale. La foresta, ammantata da uno strato uniforme e candido di gelo, sonnecchiava. Sarebbe rimasta nel suo sonno trasparente se non fosse stata svegliata da un caldo ruggito oleoso: a un chilometro dalla radura, lungo una striscia di bosco fitto, si fermò un grosso fuoristrada. A bordo c’erano quattro cacciatori e un cane da caccia molto simile a un husky.

Dima aspettava questa gita dalla scorsa estate ed era pronto a dichiarare aperta la caccia allo zibellino: a mettersi subito sulle tracce dell’animale, ad abbattere la sua prima preda sparando il suo primo proiettile vero e sentire il rinculo del fucile contro la spalla e vedere il sangue vivo. Il suo sogno alla fine si stava avverando.

Dima aveva quattordici anni ed era sicuro che la caccia sarebbe stata la sua iniziazione all’età adulta. Proprio come suo zio Nikolaj, Dima, voleva sentirsi il padrone della taiga, non avere paura del folto del bosco, né degli animali che lo abitavano. Voleva una storia da raccontare.

“Questo è il tuo migliore amico” spiegò lo zio, accarezzando il calcio del fucile.

“Questo è il meglio che l’uomo ha creato. Un essere dotato di ragione si distingue da uno che ne è privo per il fatto che è in grado di sparare. E che va a segno. Capito? Non importa quello che ti dicono a scuola, il nostro mondo non si regge sulla musica o sui libri, ma sulla polvere da sparo. Va bene studiare e leggere Puskin, ma quando i problemi busseranno alla tua porta, non andrai a prendere i libri, ma il fucile. E sarai contento di non averlo trascurato in tempo di pace”.

La prima esperienza di caccia, però, non va come Dima se l’aspettava. per qualche ragione la gioia non era arrivata. L’euforia si era smorzata. Aveva l’impressione di essere stato ingannato. Che sarebbe dovuto succedere qualcos’altro. Ma tutto si limitava a una sequenza arida: spari, prendi, leghi e prosegui. Forse era successo tutto troppo in fretta. Non aveva avuto il tempo di assaporare il momento. Ma era convinto che quando sarebbe toccato a lui di sparare tutto sarebbe stato diverso.

Ma non è così. E nemmeno la seconda va bene. Dima era sopraffatto dall’agitazione, squillante, sostenuta da una lunga nota, affilata come un cavo d’acciaio. Una pesantezza pulsante gli avvolgeva la testa come un cappuccio. Gli stringeva le tempie. Si rese conto che stava mirando alla testa dello zibellino. Non restava che sparare. Dima premette il grilletto. Ma prima, una frazione di secondo prima, spostò la canna a sinistra. Si afflosciò. Per poco non gli cadde il fucile. Capì che aveva mancato lo zibellino di proposito.

Arrivato al rifugio, Dima si accorse di un corvo. Stava appollaiato su un larice e lo guardava. Era nero, con la testa leggermente curva, le ali chiuse e se ne stava immobile, come se non fosse vivo. Al sole, la pancia brillava di una sfumatura viola. Sotto il becco, sul collo, aveva le piume irte, simili a una barba arruffata. Le zampe nodose erano salde su un ramo. Lo fissava con i suoi grandi occhi perlacei.

Nonostante i tentativi reiterati di appostamento, il corvo si era fatto beffe dei cacciatori e continuava indefessamente a beccare la carne di cervo.

Dima aveva già notato il corvo al suo arrivo al rifugio. Ora però provava una strana sensazione di inquietudine: si diede ascolto e si rese conto, all’improvviso, che faceva il tifo per il corvo.

Dima aveva cominciato ad interrogarsi in base a quale diritto l’uomo si arrogasse il diritto e la pretesa di togliere la vita ad altri esseri viventi. Il mondo è una casa calda e accogliente, seppure con i suoi angoli sporchi, il tetto che perde, le crepe nel pavimento. Ma è pur sempre una casa. L’unica. E non ce ne sarà un’altra. Alla fine Dima arrivò alla conclusione che non avrebbe cacciato. Non avrebbe ucciso neanche un animale, non avrebbe sfilato una sola pelliccia. Lo sorprese la calma con cui accettò quel pensiero.

Il valore di questa lettura è la possibilità di avvicinarsi e imparare a conoscere la letteratura russa.

I modi dello zio Nikolaj sono bruschi e secchi. Diretti ai limiti dell’offensività. Non siamo abituati ad un tipo di narrazione così cruda, o, per lo meno, non ci siamo più abituati.

Come scriveva Virginia Woolf nel saggio, Il punto di vista russo, il primo approccio con la letteratura del romanzo russo è un senso di stupore e di incanto. Nella letteratura russa e anche nella storia di Dima, il protagonista assoluto è l’anima, con la sua passione, il suo tumulto, il suo miscuglio stupefacente di bellezza e di viltà, in un intreccio inestricabile per cui non c’è una netta separazione tra bene e male.

Questo crea in noi, lettori occidentali, sorpresa, quasi un disagio. Io stessa ho faticato a leggere le i particolari più violenti e brutali della caccia, ma soprattutto l’indifferenza e il senso di superiorità dei cacciatori, che però alla fine sono messi in ridicolo da un corvo.

La caccia è un pretesto per parlare del modello maschile di virilità, ancora molto forte a livello ideologico e politico, che mostra crepe e debolezze nella società moderna.

Dima e suo zio Nikolaj sono collocati in un tempo narrativo che va oltre il loro destino individuale, proiettati verso il futuro.

Dima, tuttavia, non giudica in modo sprezzante, ma arriva a costruire un’idea di sé e dell’uomo che vuole essere attraverso un tormento interiore molto doloroso, dalla ammirazione, alla rabbia, alla compassione. Si confessa e ci mette davanti i suoi pensieri, nudi.

Questo libro è la storia di un’anima che cerca la propria identità.

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